L’Italia è un paese in cui, per naturale disposizione del popolo, oltre che per una pratica quotidiana che va avanti da parecchi decenni, nessuna affermazione ha valore nel tempo. Nessun fenomeno da noi viene percepito come sostanziale, nessuna norma sembra una barriera di cui prendere atto; nessuna alluvione impone di piantumare la collina; nessun terremoto pretende cemento migliore e progetti antisismici. Quasi tutto nel nostro paese sembra transitorio, temporaneo, a scadenza: si può aspettare che passi, o al lmite spingere un po’, e vedrai che il problema sparirà.
Per questo motivo non mi sono stupito molto del fatto che il cosiddetto “metodo STAMINA” oggi abbia riguadagnato la possibilità di attirare fiducia e denaro. Amarezza sì, ma stupore vero non ne ho provato.
Ciclicamente compaiono delle sedicenti cure miracolose che risolvono tutti i problemi, non danno effetti collaterali, prendono il toro della malattia e della morte per le corna, lo sconfiggono con l’arma segreta, vincono facile una battaglia snervante che spesso si perde. Poi succede che passa qualche mese e – guarda un po’ – non era vero niente. Mai. Tutto quello che ci salva la vita quotidianamente è fatto di fatica, dubbi, controlli incrociati, tempo, denaro, frustrazioni e sconfitte. Ogni cura rivoluzionaria è passata attraverso la scienza, le diffidenze della comunità, delle commissioni, dei ministeri, dei governo. La scienza non è un sistema perfetto perché è opera dell’uomo. La natura non sa niente: le basta essere quello che è, e del resto se ne frega.
La figura del cavaliere indomito e disperato ci piace tanto, e la storia delle letteratura e del cinema ne è piena zeppa. Il fatto che il cavaliere guidi, la barba folta e ispida dei santoni, una crociata dei pezzenti contro il potere e i professoroni ci inebria ancora di più. E per alcuni di quelli che si fanno prendere da questo caso esiste forse della buona fede, nell’ignoranza, più che il narcisismo paraculo di schierarsi dalla parte dei poveri malati bistrattati. Non chiedono tanto, questi testimonial, e si dicono anche stupiti di come non si riesca a capire che una sforzo minimo farebbe contenti tutti: vorrebbe solo poter provare. Ecco. Il punto è questo: provare.
La scienza fa quotidianamente questo da alcuni millenni: è la disciplina che per eccellenza prova, sbaglia, riprova infinite volte. Questo processo di continui tentativi, errori, modifiche, riprove, controprove, affinamenti, ulteriori errori è esattamente il metodo scientifico. E il metodo scientifico, che hanno formalizzato dei signori in Francia qualche secolo fa, non si basa sulla speranza e sulla preghiera. È per questo che è diverso. Prima del metodo scientifico si davano i bambini malati in braccio ai re, perché il fulgore delle loro vesti dorate guarisse i piccoli pazienti emaciati dal male. Dopo il metodo scientifico i bambini hanno cominciato a guarire. Non tutti, non sempre, ma spesso sì.
Provare con il metodo STAMINA significa dare mezzi, che non sono infiniti, a qualcuno di completamente esterno alla comunità scientifica, che non ha alcun credito presso qualsivoglia ente, istituto, rivista o policlinico. Sono speranze, impegno e soldi sprecati. E sono soldi, impegno e speranze che vengono distolti dalla strada lunga, difficile, lenta, costosa e frustrante della ricerca vera. Far capire all’opinione pubblica, oltre che ai malati gravi e alle loro famiglie disperate, che la strada è così tortuosa, e non è uno scivolo matto, spettinato e avventuroso, è una cosa molto molto difficile e dolorosa. I passi avanti sono lenti. Fare cinque passi indietro in un giorno è una cosa facilissima, invece. È successo oggi.
Quando il cosiddetto “metodo STAMINA” si rivelerà quello che è, come diversi sieri e cure miracolose simili in passato, torneremo alla scienza. In quel momento – tra non più di sei mesi – vorrei sinceramente sentire Davide Parenti (autore delle Iene), Giulio Golia (presentatore delle Iene) e Rosario Fiorello chiedere scusa. Vorrei sentirli chiedere scusa per avere sostenuto con forza e spirito partigiano il cosiddetto “metodo STAMINA”. Non basterà la buona fede, non si potrà dire: «Abbiamo provato. Purtroppo le nostre speranze non sono bastate». Dovranno dire che hanno sbagliato, hanno sbagliato di grosso, sono stati irresponsabili e populisti. Dovranno chiedere scusa e usare la propria immagine per sostenere la scienza, quella noiosa col camice nei laboratori e nelle corsie, quella che lavora per conto di milioni di medici e infermieri e pazienti che lottano quotidianamente contro le malattie. Fare finta di niente non sarà ammesso.
Perché altrimenti – dico a voi e a tutti quelli che faranno come voi – è facile. Molto facile. Tanto i malati non siete voi, i medici non siete voi, le speranze, i soldi e la fatica quotidiana non sono le vostre.